lunedì 18 giugno 2012

Bce, Bassanini chiede operazioni finanziamento 7-10 anni per investimenti

13Jun12



Il presidente della Cassa depositi e prestiti, Franco Bassanini, ha proposto che la Banca centrale europea vari operazioni di finanziamento a 7-10 anni vincolate a progetti industriali per far fronte alla mancanza di liquidità per gli investimenti infrastrutturali. 
   "La Bce ha fatto due Ltro, al tasso dell'1%, di liquidità senza vincolo di destinazione. La liquidità che serve per investimenti è invece liquidità a medio e lungo termine, tre anni servono a poco", ha detto oggi Bassanini. 
   "La crisi di liquidità è fortissima a lungo. Una Ltro a sette o dieci anni vincolata a investimenti, quindi per averla non solo collaterali ma anche il contratto per quegli investimenti industriali, sarebbe un potente strumento per potenziare gli investimenti nel nostro settore", ha aggiunto il presidente della Cdp. 
   Bassanini ha detto di aver avanzato questa proposta al presidente del Consiglio Mario Monti e ad esponenti europei

lunedì 11 giugno 2012

Telecom dialoga con CDP per rete ultra banda Italia

06Jun12



Telecom Italia è aperta alla collaborazione con la Cdp per un progetto che progressivamente porti la banda ultra larga in tutta Italia. 
    Lo ha detto l'amministratore delegato di Telecom Marco Patuano, aggiungendo che la tecnologia usata, quella di portare la fibra fino alle case, particolarmente costosa, dovrà essere implementata solo dove c'è già domanda che può remunerare l'investimento.  
   Patuano si è detto convinto che il dialogo con la Cdp potrà far superare anche eventuali distanze nelle strategie oggi individuate per questo progetto. 
   "Ci sono aree nere [quelle a maggiore densità] dove la tecnologia FTTH (Fiber to the home) è la soluzione corretta e quindi se la impostazione del presidente [di CDP Franco] Bassanini resta dogmaticamente FTTH o nulla, quelle sono aree di collaborazione e altre meno", ha detto Patuano rispondendo a stretto giro all'invito di Bassanini che poco prima dalla stessa conferenza di Business International ha detto che CDP è pronta a partecipare al finanziamento di un investimento di Telecom nelle aree nere se le viene richiesto. 
   "Sono convinto che da un dialogo tra le parti possa anche esserci lo spazio per soluzioni meno dogmatiche", ha detto Patuano, ricordando che Telecom vuole investire seguendo una logica "market driven", cioè far crescere la tecnologia da utilizzare al crescere della domanda. 
   "Ogniqualvolta c'è spazio per una collaborazione tra pubblico e privato o con soggetti come la Cdp, noi siamo molto disponibili a collaborare. Il dialogo è bene che ci sia e sarà un dialogo, come del resto già c'è. Non pensate che noi già non ci parliamo", ha aggiunto Patuano. 
   L'AD di Telecom ha comunque sottolineato che nelle aree a maggiore densità è possibile "concorrenza infrastrutturale" che già da lustri c'è nella telefonia mobile. 
   "Questo non vuol dire che noi rinunciamo alla collaborazione con CDP. Noi ci parliamo, non siamo in situazione di barricate, tutte le volte che sarà possibile collaborare lo faremo, con grande piacere. Sembra però che Italia si esaurisca in 30 città ma non è così", ha aggiunto. 
      
   CDP SOLLECITA TELECOM PER REALIZZARE ANCHE INSIEME RETE NGN 
   Era stato poco prima Bassanini a sollecitare Telecom a una risposta su questo tema ineludibile della infrastrutturazione tlc del Paese. 
   "Nelle aree nelle quali c'è maggiore densità di traffico qualcuno si deve preoccupare di realizzare la rete Ngn con la migliore tecnologia, la rete in fibra 'to the home' o 'to the building'", ha detto Bassanini, la cui Cdp è con Metroweb impegnata nel progetto che punta a portare questa fibra fino a casa nelle principali 30 città italiane.   
  "La domanda da fare è se l'attuale incumbent [appunto Telecom Italia] intende fare questo investimento. E se intende, se ci sarà una richiesta - e questo è un eufemismo - c'è la nostra disponibilità a contribuire partecipando al finanziamento di questi investimenti con Cdp con una soluzione variamente costruita dal punto di vista dell'architettura societaria e finanziaria", ha aggiunto il presidente di Cdp, che è controllata al 70% dal Tesoro ma opera come soggetto privato fuori del perimetro della Pubblica amministrazione.    
  "Se l'incumbent non intende fare questo investimento sarà opportuno che lo faccia qualcun altro, restando comunque aperto a tutte le possibili collaborazioni", ha spiegato. 
   Patuano ha quindi aperto alla collaborazione ma non ha mancato di chiarire i paletti entro i quali Telecom intende muoversi. 
   "Vogliamo investire secondo una logica market driven, facciamo la rete secondo le tecnologie che vengono richieste dal tipo di domanda che emerge in certe zone. Dire che tutta Roma è uguale non è market driven". Poco prima, nel suo intervento alla tavola rotonda di Business International, Capuano aveva sottolineato che esiste tuttora un problema di domanda, facendo lì l'esempio delle aree coperte in Lombardia che non hanno prodotto "una domanda esplosiva". 
   Certamente alla fine, dice Patuano, si arriverà alla soluzione della fibra a casa, ma "sarà una soluzione a tendere e il problema è capire come ci si arriva". 
   Telecom ritiene che sia preferibile, per una migliore allocazione del capitale, accompagnare con la tecnologia più elevata una domanda crescente. Anche perchè l'obiettivo è coprire l'intero territorio. 
   "Il nostro obiettivo è di cercare di coprire tutta l'Italia, non solo 30 città. Il nostro piano parte da 100 città coperte nel 2014 e 250 nel 2018, e quindi realizzare soluzioni che hanno un costo per unità di 5-6 volte superiore senza avere la certezza che vi sia domanda non è una buona allocazione di risorse". 
   Telecom oggi poco prima delle 15,00 quota in rialzo del 3,2% a 0,6770 dopo il minimo toccato ieri di 0,6540. 
   "L'andamento del titolo ha risentito tantissimo di un fattore contingente che è stata l'uscita dall'Eurostoxx50 peraltro in un giorno in cui la Borsa di Londra era chiusa. Si è venuta ad associare una forte corrente di vendita con minore presenza di operatori in acquisto", ha spiegato Patuano.

venerdì 8 giugno 2012

Banche, Bankitalia esorta a tagliare costi, stipendi manager, dimagrire cda

31May12



Le banche non possono più pensare di fare redditività aumentando i volumi intermediati e dovranno incidere decisamente nella riduzione dei costi operativi, adeguando le retribuzioni dei manager e dimagrendo il numero dei consiglieri di amministrazione. 
   Lo ha detto il governatore di Banca d'Italia Ignazio Visco nelle sue prime considerazioni finali davanti all'assemblea dei partecipanti in Via Nazionale. 
   "Lo squilibrio attuale tra impieghi e raccolta stabile rende difficile in prospettiva il ritorno a un modello di crescita della redditività bancaria basato soprattutto sull'espansione dei volumi intermediati", ha detto Visco. 
   "Sono necessari interventi incisivi dal lato dei costi operativi, la cui flessibilità è modesta in relazione alle condizioni di fondo del settore", aggiunge il governatore che chiede poi ai top manager di adeguarsi a queste nuove condizioni operative. 
   "Anche le remunerazioni degli amministratori e dell'alta dirigenza devono essere indirizzate all'obiettivo del contenimento dei costi", sottolinea il governatore di Bankitalia. 
   Alle aggregazioni tra banche, dice poi Visco, non hanno fatto seguito "snellimenti incisivi dell'articolazione societaria dei gruppi e una riduzione nel numero dei  componenti degli organi amministrativi".  
   Bankitalia rileva che i primi 10 gruppi contano complessivamente 1.136 cariche, escludendo le società estere; oltre 700 per le sole banche controllate. "Anche tra gli altri intermediari si osservano spesso composizioni pletoriche, che deresponsabilizzano i singoli consiglieri e si riflettono  negativamente sulla funzionalità degli organi collegiali". 
   Sono assetti "costosi e non giustificati dalle competenze professionali necessarie" per gestire efficacemente una banca. 
   "Il recente divieto di detenere cariche incrociate tra imprese del settore finanziario è un'occasione anche per  intervenire sulla numerosità dei consigli di amministrazione", ammonisce Visco.

Astaldi tratta finanziamento 6,5 mld per autostrada turca

29May12



Astaldi <AST.MI> sta trattando con le banche i termini di un accordo per iniziare il finanziamento da 6,5 miliardi per la costruzione dell'autostrada turca Gebze-Izmir. 
   Lo ha detto a Reuters una fonte vicina al dossier. 
   "L'operazione avverrà in due tranche e si sta lavorando per finalizzare a luglio il term sheet per una prima tranche per circa la metà del totale, con l'obiettivo di chiudere l'accordo di finanziamento dopo l'estate", ha detto la fonte. 
   Astaldi, in consorzio con altre cinque società turche, ha vinto la gara per la costruzione e concessione dell'autostrada da 421 chilometri tra Gebze (vicino Istanbul) e Izmir che punta a quasi dimezzare i tempi di percorrenza di questo tratto grazie anche alla costruzione di uno dei più grandi ponti sospesi del mondo. Il viaggio tra Istanbul e Izmir dovrebbe ridursi a 3,5-4 ore dalle attuali 8-10 ore. 
   Il ponte da 3,2 chilometri sul golfo di Izmit verrà costruito da un consorzio guidato dalla giapponese IHI-Itochu <8001.T> 
   La gara è stata aggiudicata nel 2009 e la costruzione, se verrà trovato l'accordo sul finanziamento, dovrebbe iniziare dal 2013.  
   Astaldi alle 10,05 viene trattata a 4,74 euro, in rialzo del 2,15% sulla chiusura di ieri in una borsa piatta.  

Tesoro studia cessione Sace e Fintecna a Cdp per taglio debito

24May12



Il governo sta valutando un piano con cui il Tesoro cederà alla Cassa depositi e prestiti (Cdp) le sue controllate Sace e Fintecna con lo scopo di ridurre il debito aumentando la leva finanziaria di Cdp. 
   Il piano potrebbe già essere esaminato al Consiglio dei ministri di domani. Lo ha detto a Reuters una fonte governativa che ha chiesto di non essere citata. 
   "Si sta pensando di conferire a Cdp la Sace e Fintecna; non so se il piano verrà portato già domani in Consiglio dei ministri", ha detto la fonte. 
   Con questa operazione si avrebbe un effetto positivo sul debito pubblico, portando fuori del perimetro della Pa le due società oggi al 100% del Tesoro, e si darebbe a Cdp una ancora maggiore dotazione patrimoniale per aumentare la sua capacità di raccolta sul mercato per una eventuale operazione di abbattimento dello stock di debito. 
   In alcuni articoli di stampa, fin dal gennaio scorso e in un studio di Mediobanca del 28 febbraio, si ipotizzava un ruolo di Cdp per una operazione di abbattimento dello stock di debito pubblico da 200 miliardi di euro. Quelle indiscrezioni non erano state smentite. 
   Tesoro e Cdp non hanno commentato a Reuters la notizia. 
   Fintecna ha un patrimonio netto di circa 2,3 miliardi mentre quello di Sace è di 6,2 miliardi e nello studio di Mediobanca le due società erano valutate nel complesso oltre 9 miliardi di euro che andrebbero ad accrescere il patrimonio della Cdp. 
   L'idea, illustrata in un articolo di Massimo Mucchetti sul Corriere della Sera il 23 gennaio, è di far comprare alla Cdp - che è già fuori del perimetro della Pa poiché Eurostat ha riconosciuto che ottiene gran parte dei ricavi fuori dal settore pubblico - società pubbliche (anche di enti locali) ricche di liquidità e povere di debiti, come appunto Sace e Fintecna.   
  In questo modo, Cdp "potrebbe accrescere il proprio patrimonio netto consolidato fino a 10-15 miliardi e utilizzare questa base di capitale aggiuntiva per costruire una ragionevole leva finanziaria", scriveva Mucchetti, spiegando in che modo la Cassa può trovare i 50 miliardi per pagare il Tesoro.  
   Nel successivo studio di Mediobanca di febbraio si inserisce questa ipotesi in un poker di opzioni che comprende la mai accreditata possibilità di girare a Cdp parte delle riserve auree di Bankitalia, alzando ulteriormente la sua leva finanziaria. 
  Oggi la Cdp è controllata dal Tesoro al 70% e partecipata da 65 Fondazioni per il restante 30%. E' sottoposta a una vigilanza informativa da parte della Banca d'Italia e qui il Corriere, in quell'articolo, solleva un punto che ritiene cruciale.   
  Acquisendo quelle partecipazioni "è chiaro che non potrà ottemperare ai requisiti di Basilea 3, che imporrebbero di farlo solo con capitali propri", scrive il Corriere.    
  Cdp infatti comprerebbe queste società pubbliche a debito.   
  "Un no del governatore Ignazio Visco e tutto finirebbe prima di cominciare", scrive in chiusura di articolo Mucchetti, come a lasciare l'ultima parola alla Banca d'Italia. 
   Lo scorso 31 gennaio il presidente della Cdp Franco Bassanini aveva chiarito i limiti di una possibile adesione della Cassa a un piano di abbattimento del debito.  
   "Siamo pronti a partecipare, se ce lo chiedono, alla riduzione dello stock del debito pubblico a patto che vengano rispettate alcune condizioni", aveva detto Bassanini, elencando tra le garanzie da assicurare alla Cassa, in questa eventuale operazione, "la tutela del risparmio postale, la conferma del ruolo di cassa al di fuori del perimetro della pubblica amministrazione, e che non venga messo in discussione il compito di sostegno allo sviluppo che la Cassa ha". 
    Oggi nel primo discorso da presidente degli industriali, Giorgio Squinzi ha auspicato che, nel sostegno dovuto alle imprese che investono e a fronte dei ritardati pagamenti della Pa, si utilizzino di più "le grandi potenzialità della Cassa depositi e prestiti". 
   Il Tesoro, ha detto martedì il vice ministro Vittorio Grilli, sta anche cercando risorse aggiuntive per finanziare l'operazione di rimborso dei debiti della Pa alle imprese e, secondo l'articolo di Mucchetti dei mesi scorsi, potrebbe utilizzare proprio la maggiore capacità di leva della Cdp a questo scopo. 
   La cornice normativa del resto già esiste. Nella manovra dello scorso luglio, la prima delle tre manovre del 2011 e firmata dall'allora ministro dell'Economia Giulio Tremonti, è previsto che "entro il 31 dicembre 2013 il ministero dell'Economia dovrà approvare "uno o più programmi per la dismissione di partecipazioni azionarie dello Stato e di enti pubblici non territoriali". 
   Le modalità di alienazione saranno stabilite con uno o più decreti del Tesoro, che dovrà anche riferire al Parlamento entro il 30 giugno di ogni anno.  

Ue, pronti a uscita Grecia ma obiettivo è evitarlo - Grilli

24May12



L'Europa e anche l'Italia devono essere pronte alla eventualità che la Grecia esca dall'area euro ma l'obiettivo è evitare che succeda. 
   Lo ha detto il viceministro dell'Economia Vittorio Grilli dopo che ieri una fonte europea ha riferito a Reuters che a Bruxelles si sta lavorando a un piano B nel caso in cui Atene non rispetti gli impegni sui conti pubblici e sia costretta a lasciare il gruppo a 17. 
   A chi chiedeva se anche l'Italia si stia preparando con un suo piano alla possibile uscita della Grecia dall'euro, il viceministro ha risposto: "Dobbiamo sempre essere pronti in ogni caso". 
   "Tutte le opzioni sono possibili però quello che è il nostro obiettivo è evitare che succeda", ha precisato Grilli a poche ore dal termine del summit straordinario europeo al termine del quale i leader dell'Unione, pur preparando piani di azione nel caso in cui la Grecia decidesse di uscire dalla moneta unica, hanno esortato il paese a restare sulla via dell'austerity e a completare le riforme richieste dal programma di salvataggio. 
   "C'è consapevolezza di tutto, della particolare tensione dei mercati e del momento politico in Grecia. Dobbiamo attendere i risultati delle elezioni, questo sarà un momento cruciale, però penso che tutti quelli che sono coinvolti sui mercati finanziari, sui mercati monetari, abbiano la situazione chiara in testa e sappiano quali sono i rischi e le problematiche", ha continuato Grilli. 
    Ieri tre funzionari hanno detto a Reuters che lunedì scorso, durante una teleconferenza, sono state date istruzioni per preparare piani di emergenza in caso di uscita della Grecia dalla moneta unica. Una circostanza negata dal ministero delle Finanze greco ma confermata da quello belga. 
   Un documento visto da Reuters dettaglia i costi potenziali per ogni stato membro in caso di un'uscita greca. 
   Disaccordi sono emersi su un piano di emissioni di Eurobond e altre misure per alleviare due anni di crisi del debito, come dare a paesi come la Spagna un anno extra per fare i tagli alla spesa richiesti. 
   Le banche italiane non sono comunque preoccupate per gli effetti diretti di una ipotetica uscita della Grecia. 
   L'AD di Unicredit <CRDI.MI>, Federico Ghizzoni, ha spiegato che "il settore bancario italiano è tra i più immunizzati, di fatto non ha esposizione verso la Grecia". 
   "È più un discorso di volatilità sul mercato che di impatto diretto. Il mercato sta già scontando che tutti facciano ragionamenti di questo genere", ha aggiunto Ghizzoni. 
   Il presidente dell'associazione bancaria italiana (Abi), Giuseppe Mussari aveva già minimizzato nei giorni scorsi gli effetti che la crisi greca potrebbe avere sugli istituti di credito italiani. 
   "Le banche italiane sono esposte verso la Grecia pochissimo e quindi noi non temiamo l'uscita della Grecia dall'euro per gli effetti che potrebbe avere verso le banche italiane", ha detto Mussari.  

Mps-Antonveneta, la storia del Fresh nei carteggi con Bankitalia

21May12



Tra pochi giorni, il 30 maggio, saranno passati quattro anni da quando 10,138 miliardi di euro furono spesi da Mps <BMPS.MI>  per comprare dal Santander <SAN.MC> la banca Antonveneta.  
   E' un compleanno amaro per un'operazione oggi definita da Nicola Scocca, ex direttore finanziario della Fondazione Mps, licenziato proprio quell'estate del 2008 e in causa con l'ente senese, "la madre di tutte le distruzioni di valore nel settore bancario". Allora, però, fu quella pur costosa acquisizione a consentire a Siena il salto dimensionale e strategico, facendo diventare Mps l'attuale terzo gruppo bancario nazionale e consentendole di mantenere l'attuale autonomia. 
   Su quella operazione sta indagando dallo scorso autunno la Procura di Siena e da pochi giorni si sa che l'inchiesta coinvolge esponenti e istituzioni di primissimo piano del panorama bancario e finanziario italiano e internazionale. 
   I magistrati che indagano stanno mettendo in relazione i finanziamenti con cui da un lato la banca, con uno strumento allora inedito come il Floating Rate Equity-linked Subordinated Hybrid Preferred Securities (Fresh), e dall'altro la Fondazione, con un debito coperto da pegno legato all'andamento del titolo Mps, hanno reso possibile quella acquisizione di Antonveneta. 
   Il Fresh è uno strumento complicato, spiegato nelle pagine del Documento Informativo dell'acquisizione pubblicato il 16 giugno 2008 nella sua versione approvata dalla Banca d'Italia. 
   Mps per coprire un miliardo degli oltre 10 che deve pagare per Antonveneta fa un aumento di capitale riservato a Jp Morgan. La banca americana per pagare le azioni ricevute emette dei titoli senza scadenza e convertibili nelle azioni Mps (la cui metà verrà comprata dalla Fondazione e finanziata con un debito).  
   Il rendimento che JP Morgan dà a chi compra questi titoli convertibili, è il canone che riceve dalla stessa banca Mps a cui ha dato in usufrutto le azioni dell'aumento, perdendo infatti i diritti di voto su quelle azioni.   
   Il canone di usufrutto - calcolato come Euribor +425 punti base - è dovuto da Mps a JP Morgan solo se la banca ha pagato dividendi o ha utili da distribuire, in pratica il rendimento è una specie di dividendo di questa convertibile. 
   La Procura di Siena, ipotizza un reato di ostacolo all'attività di vigilanza quando la banca convince Bankitalia che quel Fresh ha le caratteristiche per essere computato nel capitale core. Viceversa Bankitalia aveva già avvertito Mps che, senza quel miliardo nel capitale core, la banca sarebbe andata in deficit patrimoniale scendendo a un total capital ratio del 7,8% rispetto alla soglia minima dell'8%. 
   Reuters è in grado di ricostruire, avendo potuto visionare le lettere scambiate in quei giorni tra Mps e Bankitalia, cosa si dicono nel dettaglio e perché alla fine la Banca d'Italia, concede l'autorizzazione a computare il Fresh nel capitale core, dove è tutt'ora. 
    
   MARIO DRAGHI BOCCIA PRIMA VERSIONE FRESH E FISSA PALETTI 
   La prima lettera è della Banca d'Italia a Mps, datata 23 settembre 2008, protocollata con il n°1006124. 
   La missiva, firmata da Mario Draghi, ricorda a Mps di aver autorizzato l'operazione di acquisizione di Antonveneta richiamando l'attenzione sul fatto che "le relative strutture contrattuali fossero coerenti con la natura core capital" e dice di aver esaminato i contratti che Mps ha fatto con Jp Morgan per il Fresh. "L'analisi è stata condotta anche attraverso un confronto con Mps protratto fino al corrente mese di settembre", dice la lettera. 
   Bankitalia dice, però, che così com'è il Fresh non può andare nel capitale core: "La predetta operazione non risulterebbe computabile nel core capital, bensì tra gli strumenti innovativi del capitale (massimo del 20% nel patrimonio di base)". 
   Senza un miliardo di Fresh nel capitale core, dice Bankitalia, Mps "andrebbe sotto il limite dell'8% di total capital ratio" essendo al 7,8%, quindi dà perentoriamente 10 giorni alla banca perché spieghi come intende riportarsi a un livello di capitale adeguato, dovendo acquisire per oltre 10 miliardi la banca Antonveneta. 
   Bankitalia accetta che Mps, per adeguarsi ai ratio richiesti, riproponga il Fresh, ma adeguando i contratti alle obiezioni avanzate e fissando precisi paletti stringenti. 
   Draghi chiede "che tali schemi vengano inviati a Banca d'Italia corredati di una relazione sottoscritta dal responsabile della funzione compliance e dai membri del collegio sindacale" e la relazione deve attestare: 
   - che sono stati rimossi completamente gli elementi ostativi e coerentemente adeguati i contratti; 
   - che l'operazione di rafforzamento da 1 miliardo realizzi il pieno e definitivo trasferimento a terzi del rischio di impresa per quanto attiene al capitale (assorbimento delle perdite) e alla remunerazione annuale (flessibilità dei pagamenti), replicando gli effetti economici delle azioni; 
   - che sono stati valutati gli eventuali rischi legali di una operazione così complessa; 
   - che l'operazione non contempla altri contratti oltre a quelli inviati alla Banca d'Italia. 
   Quindi, in un allegato, Bankitalia indica gli elementi ostativi a considerare il Fresh come capitale core. 
   Non ci sarebbe la flessibilità annuale dei pagamenti (sarebbe cioè più un reddito fisso che un azione) perchè il canone di usufrutto in questa prima versione sembra scollegato dall'esistenza di utili distribuibili e si assegna a questo pagamento il diritto senior di "preference share", dandogli precedenza sulle azioni. E' per la Banca il cosiddetto test di capienza, la remunerazione deve esserci nella misura in cui ci siano profitti. 
   Inoltre, il contratto di swap, legato agli accordi sul Fresh tra Mps e JP Morgan, non garantisce, a scadenza dei 30 anni dell'usufrutto, che effettivamente l'impegno a remunerare chi ha comprato da JP Morgan le convertibili non ritorni in capo a Mps. 
   "In sostanza il dubbio è che non si tratti di strumento assimilabile ad azioni ma di un debito", sintetizza una fonte che ha conoscenza diretta di questa vicenda. 
   Nove giorni dopo, il 2 ottobre 2008, c'è la prima adunanza del collegio sindacale. Vi partecipano Tommaso Di Tanno, Pietro Fabretti, Leonardo Pizzichi, del collegio sindacale, Daniele Pirondini, che è preposto alla redazione dei documenti contabili, Massimo Molinari del capital management, Leandro Polidori, responsabile della compliance e l'avvocato di Clifford Chance Michele Crisostomo, oltre al segretario del collegio Piero Luigi Millozzi.  
   Nel verbale della riunione, che Reuters ha potuto visionare, si fa riferimento a numerosi pareri, di Clifford Chance, dello studio Chiomenti, di singoli professionisti e ai contatti informali preliminari avuti fin lì con Bankitalia e si mette a punto la risposta che viene ultimata in una seconda riunione il giorno successivo, quando viene spedita la risposta a Bankitalia. 
   Il 3 ottobre parte la lettera di risposta del collegio sindacale di Mps a Bankitalia in cui si attesta punto per punto di aver superato i paletti posti dall'organismo di vigilanza, e si forniscono i commenti sollecitati da Via Nazionale, spiegando in che modo il meccanismo dei pagamenti previsti nel contratto configura il "pieno trasferimento del rischio di impresa in capo al titolare del credito per i canoni di usufrutto" e che questo canone è condizionato all'esistenza di utili distribuibili, come per le azioni. 
   Passano alcuni giorni duranti i quali Bankitalia chiede con una mail una integrazione alla risposta che viene fornita il 16 ottobre e finalmente il 27 ottobre del 2008 arriva il via libera. 
   Ecco cosa dice Banca d'Italia: 
   In risposta ai rilievi della prima lettera, Mps "ha trasmesso copia degli accordi modificativi dei contratti di usufrutto e degli swap stipulati con JPM, nonché le relazioni della funzione di compliance e del collegio sindacale", in cui si dà conto di aver rimosso gli ostacoli, che l'operazione ha le caratteristiche richieste, che sono stati ben ponderati i rischi legali connessi e che non ci sono altri contratti oltre a quelli presentati. 
   Per questo Banca d'Italia accetta, dopo le modifiche ottenute, quello che il 23 settembre aveva respinto. 
   "Tenuto conto dell'avvenuta rimozione degli elementi ostativi indicati da questo istituto....delle succitate assicurazioni fornite dalla funzione di compliance e dal collegio sindacale, si comunica a codesta banca che l'operazione di rafforzamento patrimoniale del valore di 1 miliardo risulta computabile nel core capital", scrive Banca d'Italia nella comunicazione a Mps. 
   Poi avverte, in una nota, che i criteri di computabilità, alla luce della revisione in corso sui requisiti patrimoniali (CRD) potrebbero in prospettiva essere più restrittivi. 
   Banca Mps da allora ha 1 miliardo relativo all'aumento riservato per il Fresh di JP Morgan nel suo capitale core. Da allora ha superato l'esame nuovamente in almeno due vistose occasioni, l'aumento di capitale del giugno 2011, e l'ancora più recente piano per colmare il buffer da 3,267 miliardi, identificato con l'esercizio dell'Autorità bancaria europea (Eba), senza che ne' Bankitalia, ne' altri avessero alcun dubbio. 
    Fino al mercoledì 9 maggio 2012, quando è la Procura, assieme al Nucleo Speciale Polizia Valutaria di Roma della Guardia di Finanza a sollevare il dubbio. 
   "La Banca d'Italia non commenta. Questa vicenda è all'attenzione della magistratura", dice una portavoce di via Nazionale a cui è stato chiesto di confermare questa ricostruzione. Nessun commento viene da Mps. 
   L'ipotesi di reato a cui lavora la Procura, dice una fonte che sta seguendo la vicenda, è che, a fronte delle comunicazioni con cui Mps ottiene da Bankitalia il via sul Fresh, "possano esserci state iniziative che affiancavano o andavano a modificare quei contratti", di fatto facendo ricadere nuovamente sulla banca il rischio legato al Fresh. 
   Con quel dubbio, e un altro legato a una ipotesi di manipolazione del titolo Mps nella seduta del 9 gennaio, il magistrato e le Fiamme Gialle hanno libero accesso a documenti, appunti, agende, relazioni che ricostruiscono sia questi finanziamenti, sia le trattative che portarono il Monte dei Paschi a spendere 10,138 miliardi per comprare dal Banco di Santander la Banca Antonveneta.